Lei ha adottato, nel difficile momento del post sisma, L’Aquila e il suo Stabile. Come mai?
«Una serie di fattori- dice l’attore al Messaggero.- Quella notte del 5 aprile era tornato tardi a Roma dopo uno spettacolo a Firenze. Mi ero appena appisolato che sentii quella botta tremenda. Non avevo mai sentito un terremoto. Dissi: da qualche parte è un casino! Scoprii, accendendo la Tv, che si trattava dell’Aquila, nell’Abruzzo terra di mia madre (è originaria di Palombaro, in provincia di Chieti, n.d.r.); la città in cui, facendo la gavetta con Gigi Proietti, avevo conosciuto macchinisti e dipendenti del Tsa; la città dove ero stato più volte a recitare al San Filippo. Lo Stabile dell’Aquila distrutto: la parola, stessa dovrebbe far intendere il contrario... Il Teatro di cui è stato direttore il mio amico Alessandro Gassman e, oggi, Alessandro D’Alatri. Dobbiamo fare qualcosa, mi sono detto. La più concreta possibile. Ricordo le facce dei dipendenti del Tsa, attoniti, stralunati, dignitosi, quando consegnammo quella piccola grande somma... E chi se le scorda! Ma non ne parliamo più. E’ il passato».
Sì, guardiamo al futuro. Stasera ancora uno spettacolo per solidarietà, per i giovani...
«Che sono il nostro futuro. Era giusto proseguire lungo il solco tracciato. Dovevamo fare lo spettacolo la scorsa estate ma non ce l’abbiamo fatta ad organizzarci ed eccoci qui ad aprire, con orgoglio, la stagione per dare una speranza ai giovani attori. Per contribuire a dare un futuro meno nero allo Stabile aquilano. Forte, no?».
Fortissimo! Tra l’altro lei ha espressamente chiesto di poter fare una visita alla città e, soprattutto, al teatro.
«Sì, mi voglio rendere conto. L’altro giorno, viaggiando verso le Marche, dall’autostrada ho contato una cinquantina di gru sullo skyline del centro storico. Dunque, nonostante tutte le lungaggini della burocrazia e le troppe ignominie, si è fatto un bel passo in avanti. L’Aquila deve rinascere. E ce la farà!».
Proprio stasera è annunciato l’esordio sulla “scena” del nuovo presidente del Tsa, Nathalie Dompè, 27enne rampolla della notissima famiglia che produce farmaci. Che ne pensa?
«Non la conosco personalmente. Dico solo che se la famiglia Dompè ha davvero intenzione di investire nella cultura, sarei io il primo ad acquistare e a invitare all’acquisto del “viagra” o del farmaco della giovinezza da essa prodotti. Siamo tutti d’accordo nel dire basta a quelle facce note che hanno cercato solo di sfruttare gli Stabili. Qui c’è bisogno di gente che reinvesta denaro con cui produrre spettacoli, comprare funi e sipari, migliorare i teatri. Perchè il teatro è vita».
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