Vivian Maier, in mostra gli scatti della fotografa anni '50 che inventò i selfie

(New York, 10 Settembre 1955) © Vivian Maier - Maloof Collection - Courtesy Howard Greenberg Gallery - New York
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Lunedì 13 Luglio 2015, 23:30 - Ultimo aggiornamento: 29 Luglio, 09:03
Negli anni Cinquanta, a New York, già si faceva i selfie con la Rolleiflex. Oggi, per la prima volta in Italia, parte del suo vastissimo lavoro, confinato per anni in un magazzino, è diventato il protagonista di una mostra interamente dedicata alla “nanny” più famosa degli Stati Uniti: Vivian Maier. Eppure, a conquistare il pubblico, prima ancora delle sue fotografie, è stata la storia di tata Vivian, talmente insolita e affascinante, da non sembrare vera. Bambinaia per le famiglie benestanti della Grande Mela e di Chicago, per tutta la vita la Maier (1926 – 2009) ha raccontato con i suoi scatti gli angoli e i momenti delle due metropoli americane, pur mantenendo segreta la sua passione.



L’esposizione “Vivian Maier street photographer”, al Man di Nuoro fino al 18 ottobre, raccoglie oltre 120 fotografie, catturate tra i primi anni Cinquanta e la fine dei Sessanta, e ancora, dieci filmati in super 8 e una selezione di immagini a colori. La mostra, a cura di Anne Morin e realizzata in collaborazione con diChroma Photography, presenta inoltre una serie di provini a contatto, mai esposti in precedenza, utili per comprendere il percorso, come fotografa, della tata americana. La produzione degli anni Settanta corrisponde ad esempio, al momento di transizione in cui Vivian scelse di lasciare la Rolleiflex per la Leica, iniziando a usare quindi la macchina non più all’altezza del ventre, bensì a quella dell’occhio. La nuova visuale offrì all’artista l'occasione per vedere e raccontare le sue città da una nuova prospettiva.



Le opere esposte al Man sono solo una parte di ciò che ha lasciato la Maier: un archivio sterminato, con più di 150mila negativi, una miriade di pellicole non sviluppate, stampe, film in super 8 o 16 millimetri, registrazioni e appunti che la tata aveva accumulato durante la sua vita. A rendere la storia ancora più ricca di fascino, è il fatto che questo materiale, confinato poi in un magazzino, sia stato confiscato nel 2007 per il mancato pagamento dell’affitto del locale, e solo allora, scoperto dal giovane John Maloof in una casa d’aste di Chicago. Vivian Maier scelse di scattare per lo più nel tempo libero, prediligendo, tra i soggetti, le strade, le persone anonime, i particolari curiosi, oppure la più comune delle azioni.



Ogni tanto però, nelle composizioni più ardite, la tata fotografa si rendeva visibile, scattandosi già all’epoca dei selfie, per poter diventare parte del racconto: un riflesso del volto sul vetro, con l’insistenza un po’ ossessiva di chi, insieme a un’idea del mondo, è in cerca soprattutto di se stesso. In questa indagine senza fine, fatta di un accumulo quasi “bulimico” di negativi, c’è la chiave della poetica della Maier. “Di Vivian - afferma Lorenzo Giusti, Direttore del Man - si parla oggi come di una grande fotografa del Novecento, da accostare ai maestri del reportage di strada, da Alfred Eisenstaedt a Robert Frank, da Diane Arbus a Lisette Model. Le grandi istituzioni museali fanno però fatica a legittimare il suo lavoro, vuoi perché, in tutta una vita, la Maier non ebbe una sola occasione per mostrarlo, vuoi per la diffusa e legittima diffidenza verso l’attività degli hobbisti. Ma i musei, si sa, arrivano sempre un po’ in ritardo”. (Per informazioni: Mueso Man, via S. Satta 27 - 08100 Nuoro; tel. 0784 25 21 10; orari: dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19. Chiuso il lunedì. Sito: www.museoman.it).