Addio al premio Nobel Garcia Marquez: il genio latino è scomparso a 87 anni

Gabriel Garcia Marquez (Foto Ap)
di Rita Sala
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Venerdì 18 Aprile 2014, 09:40 - Ultimo aggiornamento: 19 Aprile, 15:38

Gabriel Garca Mrquez morto ieri a Citt del Messico. Lo scrittore e premio Nobel colombiano aveva compiuto 87 anni il 6 marzo scorso. La notizia della scomparsa dell’autore di “Cent’anni di solitudine” stata data dalla famiglia alla stampa colombiana. Per sempre Gabriel ha titolato a tutta pagina il quotidiano di Bogota El Espectador. Mrquez era in convalescenza nella sua casa messicana dopo essere stato recentemente ricoverato in ospedale per un’infezione polmonare. Le sue condizioni erano state definite stabili, pur se in un corpo molto fragile e a rischio di complicazioni a causa della tarda et.

Saranno cremati i resti dello scrittore colombiano. Nello Stato sudamericano sono stati proclamati tre giorni di lutto nazionale. Garcìa Màrquez, che viveva in Messico da diversi decenni, è morto nella privacy della sua casa, in calle Fuego 144, a Città del Messico, dove era assistito dalla moglie e dai figli Barcha Mercedes, Rodrigo e Gonzalo da quando aveva lasciato l'ospedale l'8 aprile scorso per continuare le cure mediche a domicilio.

Lunedì l'ultimo saluto. Il corpo di Marquez, secondo una dichiarazione letta sulla porta di casa dello scrittore da Maria Cristina Cepeda, presidente della National Fine Arts Institute, sarà dunque cremato in una cerimonia privata e l'unica commemorazione pubblica si terrà lunedi prossimo al Palazzo delle Belle Arti del Messico, un grande edificio di marmo nel centro storico di Città del Messico, spesso utilizzato come palcoscenico per l'addio definitivo a grandi figure della cultura.

L’hanno dato per morto molte volte. Su facebook, su twitter, sui giornali, alla radio. Ma lui, Gabriel Garcia Márquez, 87 anni, ci ha sempre riso sopra, esorcizzando alla colombiana, con umor nero, la Signora dalla lunga falce. Si è arreso solo ieri, a Città del Messico.

La gran penna del Realismo magico abitava fuori della Colombia da oltre quarant’anni, con la moglie Mercedes Barcha. Aveva festeggiato poco più di un mese fa, il 6 marzo, il compleanno. In allegria, uscendo di casa per accogliere gli omaggi di giornalisti e fan accorsi attorno a lui. Cent’anni di solitudine, L’amore al tempo del colera, L’autunno del patriarca, Nessuno scrive al colonnello sono solo alcuni dei titoli che gli hanno dato fama mondiale, conquistandogli altresì un affetto, da parte dei lettori e degli epigoni, specialissimo, fatto di gratitudine e passione.

I SUCCESSI

Dopotutto, il focus sulla letteratura latino-americana lo ha senz’altro acceso lui, Gabo, scrittore e giornalista insignito del Nobel per la Letteratura nel 1982. Due anni fa un suo intimo amico, Plinio Mendoza, aveva dato notizia (confermata dal fratello dello scrittore) che Don Gabriel era affetto da Alzheimer: «Gabo ha la demenza senile». Ma la moglie non confermò, affermando, tramite un portavoce, che il marito accusava solo qualche problema di memoria dovuto all’età, ma non era malato.

Gabo divenne una star internazionale dopo Cent’anni di solitudine, best seller da oltre sei milioni di copie che fece da traino alla ripubblicazione dei precedenti romanzi e racconti, da Foglie morte (1955) a I funerali della Mamà Grande (1962) a La mala ora (1962). Fu un lancio massiccio, non solo di Márquez, ma di una certa narrativa, accolta in Europa con entusiasmo per la forza con cui proponeva un particolare rapporto col mito e un passato di leggende e affabulazioni dalla potenza trasfiguratoria. Da Città del Messico a Buenos Aires, da Bogòtà a Lima, i libri di Don Gabriel apparvero come miracoli, come fonte di linfe rigeneranti.

ARACATACA

Nato e cresciuto a Aracataca, in una casa grande, triste, popolata da molte donne, Márquez, quando il suoCent’anni di solitudine deflagrò sui mercati internazionali aveva già sulle spalle parecchie peregrinazioni. Irrequieto, pungolato da sogni di riscatto intellettuale e da utopie socialpolitiche, dopo aver studiato dai Gesuiti ed essersi iscritto alla facoltà di Giurisprudenza (senza però laurearsi) aveva abbandonato la Colombia e si era trasferito a Roma, corrispondente di un giornale di Bogotà. Nella Città Eterna seguì i corsi di regia al Centro sperimentale di Cinematografia di via Tuscolana. Si trasferì quindi a Parigi, angustiato dall’indigenza ma letterariamente fecondo, mentre El Espectador, il quotidiano per cui lavorava, chiudeva i battenti su decreto del governo militare. Tornato in Colombia e sposatosi con Mercedes («Il personaggio più sorprendente che abbia mai conosciuto», ha dichiarato), aveva di nuovo lasciato il proprio Paese per soggiornare in Spagna. Nel 1960-61 approdò all’agenzia cubana Prensa latina, per abbandonare il giornalismo due anni dopo e dedicarsi esclusivamente alla letteratura.

PARIGI

Cent’anni di solitudine è stato scritto quasi interamente a Parigi, in un piccolo albergo sul boulevard St. Michel. A quel libro Márquez affidò le metafore lussureggianti di cui era capace, i modi di vita e il patrimonio culturale del mondo sudamericano che lo aveva generato. Giocarono a suo favore, in quel periodo, le propensioni dell’Occidente a fruire del fascino esotico del cosiddetto Terzo Mondo, considerato uno scrigno pieno di meraviglie intatte.

RITI PRIMORDIALI

Al lettore europeo vennero così incontro consuetudini simili a riti primordiali, visioni di una natura pervasa di miraggi e prodigi, eroi turbolenti o disposti ad esaltarsi per le profezie di uno stregone randagio, zingari abili in scritture esoteriche, vagabondi in figura di angeli o di demoni... Le storie incredibili della pluricentenaria famiglia Buendìa suscitarono stupore. Si svolgevano nell’immaginario villaggio di Macondo, simbolo plausibile di un Continente isolato e per secoli silenzioso, “pressato da richiami incestuosi e da vocazioni endogamiche”, agitato da rivolte, tentazioni autoritarie e feroci repressioni.

Su queste linee Màrquez si è mosso tutta la vita. Intrisa di preziosismi barocchi la prosa di L’autunno del Patriarca (1975), audace miscuglio di tempi e spazi diversi dove appaiono galeoni cinquecenteschi e moderne corazzate, e dove il potere è nelle mani di un tiranno paternalista e crudele.

Il recupero di modalità narrative tipiche del romanzo ottocentesco presiede invece a Cronaca di una morte annunciata (1981), mentre l’epopea sentimentale di uno spasimante, Florentino Ariza, respinto per cinquant’anni e in attesa della scomparsa del rivale, caratterizza L’amore ai tempi del colera (1986).

Con Marquez se ne va la capacità di narrare il soffio della fatalità, le tortuosità del sogno, i morsi del desiderio e le angosce della solitudine. Ha detto bene di se stesso: «Sono come un immenso giocattolo con cui si inventa la vita».