Jobs act, Renzi incassa il sì sulla riforma del lavoro: non temo franchi tiratori

Matteo Renzi
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Martedì 30 Settembre 2014, 09:06 - Ultimo aggiornamento: 22:06

Franchi tiratori al Senato sul Jobs Act? No, non credo anche perch ieri c' stata una discussione seria, lunga, al termine della quale il partito si espresso. Ora si tratta di definire il documento nelle varie fattispecie» ha detto oggi il premier Matteo Renzi rispondendo ai cronisti prima della segreteria Pd. «Va bene, bene così» ha aggiunto facendo riferimento al dibattito infuocato di ieri sul Jobs Act nella Direzione Pd che ha visto vincente la sua linea sulla riforma del lavoro.

Renzi: «Ticket Consulta? La valutazione spetta ale Camere». «E' una valutazione che spetta al Parlamento» ha risposto il premier a chi gli chiedeva se cambierà il ticket Violante-Bruno per l'elezione dei membri della Consulta.

«La gente è con noi, non con i sindacati». «In generale penso che il ruolo dei sindacati sia importante - ha detto Renzi in un'intervista al Washington Post - ma è importante per me dare il messaggio che, se i sindacati sono contrari alle nostre proposte, ci lascino continuare ed andare avanti. Non siamo legati al destino dei sindacati. Credo che la gente sia con noi, non con i sindacati. L'Italia necessita di un cambiamento radicale, è facile da spiegare ma non da realizzare».

«Tutto deve cambiare in Italia e cambieremo. - ha detto il premier - Dopo anni di stagnazione penso che questo sia il momento in cui l'Italia può realizzare le cose che aspetta da anni. Paradossalmente la crisi è la ragione per cui noi dobbiamo cambiare, senza cambiamento è impossibile credere nel futuro».

«Consentire agli imprenditori di scegliere e licenziare». «Il sistema italiano futuro richiede una forte riduzione delle leggi. In secondo luogo, è importante permettere a un imprenditore di scegliere un lavoratore e, se decide che è necessario, di licenziarlo - dice Renzi - Ma il governo sosterrà il lavoratore licenziato con la possibilità di seguire un programma di formazione e, una volta finito, di accettare un lavoro offerto da un'agenzia nazionale».

Civati: Renzi ha perso qualche voto. «Non stupiscono le proporzioni della vittoria di Renzi ieri alla Direzione del Pd, ma in realtà il segretario ha perso qualche voto - sottolinea sul proprio blog Pippo Civati - Renzi aggiunge ai propri delegati - osserva Civati - i rappresentanti dei giovani turchi (in direzione in quota Cuperlo), mentre perde qualche voto della propria maggioranza (Boccia e la sindaca di Crema, per esempio). Partiva dal 68% del congresso, a cui però vanno aggiunti i membri di diritto e i venti sindaci da lui scelti nella quota del segretario».

Camusso: «Il documento Pd è molto confuso». «Mi sembra una proposta molto confusa, non netta nei contorni rispetto a cosa si intenda fare sul precariato»: così il segretario della Cgil, Susanna Camusso, ha commentoto il documento approvato dalla direzione del Pd. «Limitando la discussione solo ad alcune forme della collaborazione, in realtà si continuano a mantenere più di quaranta forme di assunzione differenti. Non c'è un investimento effettivo sul tempo indeterminato, cioè sul cambiamento della qualità del mercato del lavoro e allo stesso tempo non si delineano i contorni della proposta sugli ammortizzatori e se come abbiamo capito ieri, il tema è il trasferimento delle attuali risorse della deroga agli ammortizzatori, non siamo di fronte a un'estensione. Non condividiamo l'idea che si debba intervenire sull'articolo 18».

«Il cambiamento violento nega il coinvolgimento». «C'è chi dice che bisogna fare una rivoluzione, di fare un cambiamento violento. - dice Camusso riferendosi a Renzi- Ma già l'uso del termine "cambiamento violento" porta in sé il fatto che qualcuno deve essere sconfitto e che qualcuno debba prevalere. E nega l'idea che tutti possano essere attori del cambiamento».

«Pronti alla mobilitazione». «Il governo non pensi che una volta approvata una norma di questo tipo, sia finita la partita: noi continueremo la nostra iniziativa - annuncia Camusso - Se continua un percorso di legge delega abbiamo davanti una strada che sarà costellata dalla mobilitazione. Anche dopo l'approvazione, perché bisogna fare i decreti attuativi e poi perché non è che basta cancellare dopodiché si rinuncia. I lavoratori pensano una cosa molto precisa, assolutamente confermata dalla discussione di ieri: e cioè l'idea che siano loro a pagare il conto a chi in questi vent'anni non ha investito, non ha cambiato la specializzazione del Paese e ha deciso di arricchirsi finanziariamente».

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