Tunisi, decine di migliaia alla marcia contro il terrorismo. Renzi: non vinceranno

Tunisi, decine di migliaia alla marcia contro il terrorismo. Renzi: non vinceranno
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Domenica 29 Marzo 2015, 12:34 - Ultimo aggiornamento: 30 Marzo, 15:20

Non la daremo vinta al terrore. A dirlo è stato il premier Matteo Renzi e la sua voce si è unita a quella delle decine di migliaia di dimostranti arrivati a Tunisi da tutto il Paese che oggi hanno marciato insieme contro il terrorismo, dopo l'attacco del 18 marzo scorso al Museo del Bardo dove sono stati uccise 21 persone, fra cui 4 italiani, oltre a due teroristi.

Oggi intanto Chaled Chaib, alias Lokman Abou Sakher, leader della cellula Okba Ibn Nafaa legata all'attentato contro il museo del Bardo, è stato ucciso in un blitz nel sud del Paese. Con lui sono morti altri 8 jihadisti, hanno fatto sapere le autorità.

Nella capitale la sicurezza è stata assicurata da un'imponente presenza di agenti, militari, Guardia Nazionale sui blindati e qualche carro armato. Al Parlamento, che sorge nello stesso complesso del museo, prima tappa dei leader, l'area era sorvolata da un elicottero, e ovunque sui tetti spuntavano le canne dei fucili dei cecchini.

Arriva Renzi, poi il ministro dell'Interno tedesco Thomas de Maizere, il leader palestinese Abu Mazen, il presidente francese Francois Hollande, il polacco Bronislaw Komorowski, il premier algerino Sellal, i ministri spagnoli, egiziani, e di altri «Paesi amici», come amano definirli a Tunisi.

Vengono tutti accolti dal presidente tunisino Essebsi. Poi si uniscono al corteo, che nel frattempo preme davanti al museo. Si levano alti i cartelli, «sono Orazio», «sono Giuseppina», «I am Sally», i nomi delle vittime della strage nelle lingue dei Paesi d'origine, compresi il russo e il polacco.

Davanti al museo scoppia la ressa: centinaia di giornalisti, decine di delegazioni straniere, le forze di sicurezza premono per fare largo, è un finimondo. Anche Renzi deve farsi largo per raggiungere la testa del corteo. Viene scoperta la stele con i nomi dei morti del Bardo: quello della turista francese ferita deceduta ieri è stato aggiunto con un foglio di carta, incollato al monumento, che è in realtà un mosaico come quelli di inestimabile valore conservati nell'edificio.

«La Tunisia non è sola. Siamo qui accanto alle autorità tunisine per dire che non la daremo vinta ai terroristi e continueremo a combattere per gli ideali di pace, libertà e fraternità ovunque», scandisce Renzi, anche in francese per la stampa transalpina. L'attentato al museo del Bardo è «una ferita terribile, che squarcia la storia anche di alcune famiglie italiane», aggiunge ricordando la commozione «indescrivibile» di qualche giorno fa, quando ha accolto le salme delle vittime italiane e rincuorato i familiari.

«La Tunisia è un Paese che sta tentando con grande determinazione di restituire la speranza al proprio popolo», spiega, ricordando di aver scelto proprio Tunisi come prima tappa estera da presidente del Consiglio. «Non lasceremo il futuro in mano agli estremisti», assicura.

«È una marcia bellissima - sottolinea dal canto suo la presidente della Camera Laura Boldrini -. Il popolo tunisino è sceso in piazza contro il terrorismo. Noi siamo qui per esprimere solidarietà e rafforzare il processo democratico».

Le autorità cercano di quantificare la partecipazione, che a vista d'occhio è apparsa oceanica. Secondo alcune fonti i manifestanti sono stati oltre 80.000. Secondo altre molti di più. In piazza sventolava un sola bandiera, quella tunisina, così come deciso dai principali partiti del Paese, compreso l'islamico Ennahda all'opposizione. Il primo capitolo di questa storia si chiude con un trionfo democratico. Da domani Tunisi dovrà fare di nuovo i conti con l'instabilità in Libia, le pressioni jihadiste lungo il confine occidentale con l'Algeria e quello meridionale. E con l'Isis che dopo le sconfitte in Siria e Iraq - che pure non sembrano aver indebolito come ipotizzato i seguaci del califfo al Baghdadi -, ha invitato i suoi combattenti a spargere sangue nel Maghreb e in tutta l'Africa occidentale. Ma da oggi, «Tunisi non è sola».

La Tunisia «ha un numero di foreign fighters, cioè potenziali terroristi che tornano da altri Paesi, abbastanza elevato, più che in altri Paesi». «Noi dobbiamo fare la nostra parte per aiutare la Tunisia in cui il percorso costituzionale è stato democratico», ha detto il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni.

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