Ancona, vendetta hard contro la suocera
che ha spinto il figlio a lasciarla
«Lei può essere sua madre»

Ancona, vendetta hard contro la suocera che ha spinto il figlio a lasciarla «Lei può essere sua madre»
di Stefano Pagliarini
2 Minuti di Lettura
Venerdì 4 Luglio 2014, 10:49 - Ultimo aggiornamento: 20:40
ANCONA - Vendetta hard contro la mancata suocera "impicciona". E' l'ipotesi al centro di un incredibile processo in corso ad Ancona. La madre non accettava che il figlio 20enne frequentasse una donna di 41 anni. Aveva sempre osteggiato quella relazione. E quando i due si sono lasciati, la 41enne ha dato la colpa di tutto alla mamma di lui, colpevole di averci messo lo zampino. Così la donna abbandonata avrebbe meditato vendetta, pubblicando il cellulare della “mancata suocera” su un annuncio web a luci rosse.



È questa l'accusa mossa a carico di A.C., commerciante anconetana, finita a processo per diffamazione. Secondo l'accusa, sarebbe stata lei a pubblicare il numero di telefono della madre del suo ex. Una relazione che la madre del ragazzo, per sua stessa ammissione, non ha mai accettato. «Non agevolavo il suo ingresso in casa, a Natale non le ho permesso di entrare. Ci vergognavamo di quella relazione. Lei aveva la mia età» ha testimoniato la madre, parte civile tramite l'avvocato Ennio Tomassoni.



Dall'altra parte c'è l'imputata che, difesa dall'avvocato Angelo Mariella, è accusata di aver fatto passare l'altra per una poco di buono sul web. Lei dice di non aver mai inserito quel numero, nel dicembre del 2009, creando un account su un sito di annunci. Da quel giorno è cominciato il calvario della mamma del giovane che, ad ogni ora del giorno e della notte, riceveva telefonate. Impossibile cambiare numero perché lei con quel recapito ci lavorava. Ieri ha testimoniato anche il marito della parte offesa: «Prima facevo il pensionato - ha detto il marito della vittima - Da quella volta ho cominciato a fare la guardia del corpo. Chiamava la gente di notte per sapere quanto era prosperoso il seno di mia moglie». Sul fatto ha indagato la Polizia postale che, partendo dalla mail del profilo del sito annunci, è risalita a due indirizzi Ip che si riferivano a due locali: il negozio e alla casa dell'imputata.
© RIPRODUZIONE RISERVATA