È bene premettere che, per rilanciare una iniziativa su di un tema che dovrebbe essere presente nella campagna elettorale, occorre contemporaneamente assumere impegni netti e dare prova di rigore nelle politiche economiche e di finanza pubblica, perché l'unificazione, benché parziale, non sia vista come un facile modo per scrollarsi di dosso pesanti esposizioni debitorie. In ogni caso, la mutualizzazione è un passo essenziale da compiere per il suo significato economico, ma anche politico. Le trasformazioni in atto, le diverse transizioni, i mutamenti geopolitici e, soprattutto, le due guerre in corso, l'esigenza, secondo alcuni, di una difesa unitaria comunitaria accentuano l'utilità di impegni collettivi di risorse finanziarie e di coerenza nelle politiche economiche dei singoli Stati. Certo, il contesto, come accennato, non è decisamente favorevole. In sede di riforma del Patto di stabilità, i cosiddetti Paesi frugali si sono opposti all'introduzione della «golden rule», che avrebbe sottratto gli investimenti pubblici dai vincoli del Patto. Sempre da parte di questi Paesi, ci si oppone all'introduzione dell'assicurazione europea dei depositi, pur a suo tempo concordata come uno dei pilastri del'Unione bancaria, chiedendo che prima i rischi bancari siano drasticamente ridotti. Come se si dicesse che, per potere assumere un certo farmaco, occorre che la malattia sia nettamente ridimensionata. Un'indisponibilità si registra altresì nei confronti delle ipotesi avanzate in sede tecnica per ampliare il mandato della Bce, ponendo sulla stessa linea il mantenimento della stabilità dei prezzi, oggi l'unica «mission», e il sostegno all'occupazione e alle politiche economiche nell'area, come invece è nell'ordinamento della Federal Reserve. Disattesa è infine l'esigenza, prospettata da diverse parti, di stretti legami tra tutela della stabilità monetaria e Vigilanza bancaria (per la stabilità finanziaria).
Tutto ciò induce a desistere dal perseguire la mutualizzazione dei debiti? Niente affatto: è proprio muovendo dal rinnovo dell'Europarlamento e, successivamente, delle altre istituzioni comunitarie, che bisogna muovere una battaglia politica perché il tema della mutualizzazione del debito e dei connessi programmi per lo sviluppo e il lavoro acquisti il primo posto nell'agenda comunitaria. É la concezione dei rigoristi, dell'austerity, del «null Komma null», zero virgola zero come risultato del deficit in bilancio, che va superata. La Germania, che ha vissuto da poco anche una recessione, dovrebbe aver fatto esperienze istruttive in merito.
Sarebbe importante progettare un Patto sociale europeo trilatero - parti sociali, Governi, Europarlamento - che lanci gli obiettivi indicati e promuova, per quel che oggi è possibile, una politica dei redditi con gli obiettivi sopra indicati. Ma ciò deve camminare sulle gambe delle persone; perciò è importante parlarne in questa fase e registrare le reazioni dei cittadini elettori, piuttosto che persistere nel misurare il consenso solo sui certo importanti temi domestici, ma che poco hanno a che vedere con queste votazioni.
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