Mentre il Vaticano ha preparato una conferenza ad alto livello per celebrare la bontà delle relazioni con Pechino (si terrà il 21 maggio all'università Urbaniana con la partecipazione del vescovo Joseph Shen Bin di Shanghai, che naturalmente arriverà dietro il placet di Pechino), in Germania i vescovi stanno sensibilizzando i cattolici sulla grave situazione in cui versano i fedeli cinesi, chiedendo gesti di solidarietà per sostenerli davanti alla oppressione del governo. Che il dossier cinese per la Santa Sede sia materia incandescente era noto, a cominciare dalle posizioni di diversi cardinali dubbiosi tra cui Mueller a Zen, tuttavia mai come ora le posizioni all'interno della Chiesa sembrano divergenti.
La spaccatura appare evidente frutto di due visioni e due approcci diversi. La prima improntata al realismo di Papa Francesco e del cardinale Pietro Parolin che vollero creare le basi per l'accordo diplomatico sulle nomine episcopali normalizzando le condizioni della Chiesa patriottica e quella clandestina. L'altra, invece, decisa a difendere con forza l'autonomia della Santa Sede e la libertà religiosa.
La agenzia KNA ha fatto sapere che l'episcopato tedesco è consapevole che - nonostante la supremazia economica globale della Repubblica popolare cinese - i cristiani siano «soggetto a una repressione in corso e a una grande pressione da parte del governo». A parlare è stato vescovo Bertram Meier membro della commissione per l'ecumenismo e della commissione per la Chiesa mondiale.
Con l'accordo sulla Cina concluso nel 2018, il Vaticano ha cercato di migliorare le relazioni specialmente sul delicatissimo nodo della nomina dei vescovi. «Anche se il dialogo e il riavvicinamento sono l'approccio giusto, la situazione per i cristiani nel Paese non è davvero migliorata da allora» ha detto Meier. Inoltre, il governo cinese ha ripetutamente violato le regole dell'accordo.
Dei circa 50-70 milioni di cristiani che vivono in Cina, circa dieci-dodici milioni professano la fede cattolica.Tuttavia resta vietato dare insegnamenti religiose ai bambini nei luoghi pubblici e trasmettere la fede. «È impressionante che, nonostante i divieti e le restrizioni, i cristiani in Cina siano sempre alla ricerca di modi per portare i loro figli in contatto con il Vangelo. Ormai di fronte a un apparato di sorveglianza statale che non si ferma nemmeno nei locali della chiesa, tutto sta diventando sempre più difficile». Meier ha così invitato i cattolici in Germania a pregare per i fedeli cinesi il 24 maggio, la giornata mondiale di preghiera per la Chiesa in Cina. Il tradizionale pellegrinaggio al più grande santuario mariano cinese di Sheshan, vicino a Shanghai, si svolge in quella data. «I cristiani e tutte le altre religioni dovrebbero finalmente essere autorizzati a godere di una genuina libertà religiosa in modo che i frutti della fede possano anche avvantaggiare la società nel suo complesso», ha sottolineato Meier. Ma finora non sembra sia così.
Al convegno organizzato dal Vaticano la guest star, in qualità di relatore, sarà il vescovo Shen Bin. L'anno scorso era stato all'origine di forti tensioni tra il Vaticano e la Cina poiché il partito comunista aveva deciso unilateralmente di procedere con la sua nomina senza prima avere l'avallo o la concertazione del Papa. Il Papa aveva incassato questo smacco in silenzio anche se rappresentava una palese violazione all'accordo del 2018. Da Pechino arriverà a parlare anche Zheng Xiaojun, il direttore del dipartimento dell'Istituto delle religioni mondiali presso l'Accademia cinese delle scienze sociali, un funzionario piuttosto noto e influente nella nomenklatura cinese.
A dare il benvenuto saranno i cardinali Pietro Parolin e Luis Tagle, entrambi convinti sostenitori del bisogno di portare avanti un rapporto stretto con le autorità cinesi per arrivare a garantire alla Chiesa collaborazione e possibilità di manovra per l'evangelizzazione della gente.
La Santa Sede e Pechino hanno rotto le relazioni diplomatiche con l'avvento del regime di Mao, quando l'allora nunzio apostolico fu cacciato andando a riparare a Taiwan (che ancora oggi ha piene relazioni diplomatiche con il Vaticano). Le autorità cinesi hanno sempre fatto pressioni sul Papa per indurlo a rivedere le relazioni diplomatiche con l'isola ribelle, Formosa, che Pechino considera parte integrante della Cina e che ospita la più grande base militare americana del Pacifico.