Massimiliano Gallo: «Quando mi sono separato non ero mai a casa, mi sentivo imperfetto. Mia figlia adesso lo sa. Spesso ho tradito»

Parla l’attore napoletano, dal 2 maggio all’Ambra Jovinelli di Roma con “Amanti”

Massimiliano Gallo: «Quando mi sono separato non ero mai a casa, mi sentivo imperfetto. Mia figlia adesso lo sa»
di Andrea Scarpa
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Domenica 28 Aprile 2024, 01:11 - Ultimo aggiornamento: 29 Aprile, 06:41

Per il grande pubblico della tv, quello che lo indica e lo ferma per strada per un selfie, Massimiliano Gallo è diventato qualcuno nel 2022, dopo il grande successo della serie di Rai1 di cui è protagonista, Vincenzo Malinconico, avvocato d'insuccesso (ma anche per I bastardi di Pizzofalcone e Imma Tataranni, sostituto procuratore), ma la verità è che macina palchi e set da quando aveva cinque anni. Lo spettacolo ce l'aveva in casa: suo padre era Nunzio Gallo, icona della canzone napoletana degli Anni '50 e '60 (è quello di Mamma, Corde della mia chitarra, Catarì etc.), e attore di cinema e teatro. Napoletano doc, 56 anni il 19 giugno, Gallo in tutti questi anni ha lavorato con Carlo Croccolo, i fratelli Aldo e Carlo Giuffrè, Vincenzo Salemme, Marco Risi, Matteo Garrone, Paolo Sorrentino... Dal 2 al 19 maggio sarà al Teatro Ambra Jovinelli di Roma con Amanti, commedia scritta e diretta da Ivan Cotroneo, con Fabrizia Sacchi, Orsetta De Rossi, Eleonora Russo, Diego d’Elia. Storia di coppie scoppiate, tradimenti e psicoterapia.

C'è un pezzo della sua vita?

«Sì, della mia e non solo la mia. Direttamente o indirettamente tutti hanno vissuto quello che raccontiamo. Un uomo e una donna si conoscono sotto il palazzo della psicologa da cui vanno a fare terapia, da soli e con i rispettivi coniugi, per cercare di salvare i loro matrimoni. Diventano amanti e, ovviamente, succede di tutto. La scena è divisa in due: da una parte lo studio della psicologa, dall'altra il letto. Io interpreto un uomo basico ancora alla ricerca - anche clandestina - della felicità nonostante abbia moglie e tre figli».

Lei nella vita vera è stato spesso clandestino?

«Sì. Ho tradito. Sono curioso e dei gemelli. Se poi sono stato tradito, non lo so, non l'ho mai scoperto. Non lo escludo. Credo nell'amore da film, quindi l'ho sempre cercato, e così ho inevitabilmente fatto casini».

Tipo?

«Quando ho capito che era finita, e bisognava cambiar vita, con un po’ di coraggio ho lasciato. Parlo spesso con amici che non sono felici ma non muovono un passo».

E adesso?

«Sono sposato con la donna che amo (l'attrice brasiliana Shalana Santana, ndr), e due mesi fa è nata nostra figlia Artemisia (entrambi hanno un figlio dal primo matrimonio, ndr)».

È nato praticamente su un palco, quindi una vita e una carriera come la sua non ha avuto neanche il tempo di sognarla, giusto?

«Un po' è vero, ma di sicuro fin da quando ero bambino ho voluto fare l'attore».

Quasi tutti gli artisti napoletani, da Totò a Pino Daniele, prima o poi hanno lasciato Napoli, quasi sempre per Roma. Lei otto anni fa è tornato: perché?

«Dopo la separazione ho sentito fortissimo il richiamo e ho lasciato Roma, dove adesso vive mia figlia grande.

Napoli è accogliente, non giudica. Tollera e sa farsi contaminare senza inquinarsi. E io voglio vivere qui».

Qual è l’errore più frequente che fa e non riesce a smettere di fare?

«Non sono bravo con la diplomazia, non frequento i salotti per fare pubbliche relazioni e tendo a dire sempre quello che penso».

Quindi ha bruciato tanti rapporti e opportunità?

«Non lo so, ma sicuramente un po' per le scelte fatte e un po' per le cose dette, o non dette, qualcosa di simile è successo. Sia chiaro: so come va la vita, ma spesso non riesco proprio ad accettare il meccanismo del compromesso».

E l'ha pagata cara?

«Va bene così, ognuno ha la sua storia. Pur essendo napoletano non credo alla fortuna e alla sfortuna: la vita e le carriere vanno in un modo o nell'altro a seconda delle scelte che facciamo. Io sicuramente con il cinema e le serie non ho accelerato perché avevo il teatro. Il provino per Fort Apàsc di Marco Risi l'ho fatto a 39 anni. Dopo ho recuperato, ma ho cominciato tardi. È tutto giusto quello che mi è successo».

La cosa che le è venuta meglio qual è?

«Le mie due figlie. Come attore credo di aver fatto tante cose buone, però mi piace dire Fort Apàsc. Per me fu una svolta».

La lista delle rivincite è lunga o ha spuntato tutte le voci?

«Ne ho tolte tante, non tutte. La più bella me la sono presa quando mi hanno scritturato come protagonista per la serie Malinconico. L'ho conquistato sul campo, quel ruolo. Passo dopo passo. Una bella vittoria».

E la sconfitta più dolorosa qual è stata?

«Il matrimonio fallito, andar via di casa, stare lontano da una figlia piccola».

Per Rai1 lo scorso Natale ha interpretato Napoli milionaria; la peggior “nuttata” che ha dovuto passare è stata questa?

«Sì. Ero confuso, volevo capire i meccanismi che mi facevano ripetere certi errori, e così sono andato da una psicologa».

Faticoso?

«Faticoso e doloroso. La prima seduta ho fatto scena muta perché l'idea di dover raccontare i fatti miei a un’estranea non mi andava proprio giù. Poi ho pagato. E la seconda volta mi sono sbloccato. Questo percorso è stato utile e prima dei 50 anni direi anche necessario. Ho capito tante cose».

Anche del rapporto con suo padre, vero?

«Sì. L'ho sempre visto come un supereroe e vederlo invecchiato, a casa, negli ultimi tempi mi faceva star male. Quando l'ho capito, grazie alla terapia, ho parlato con mia figlia Giulia e gliel'ho detto subito».

Che cosa?

«Che non sono Superman. All'epoca aveva 14 anni e quando sono andato via di casa volevo che sapesse di avere un padre imperfetto, che aveva sbagliato ma sempre in buona fede. Nello specifico, inseguivo l'amore che poi per fortuna ho trovato».

Ha conti in sospeso con qualcuno?

«Sarò in debito per tutta la vita con la famiglia. Non ci sono quasi mai, è questa la verità. Per questo spero di lasciare alle mie figlie un'eredità che non sia fatta soltanto di cose materiali».

Che vuol dire?

«Un giorno mi piacerebbe che le mie figlie potessero dire: papà non c'era però ha fatto questo e questo di importante».

Tipo?

«Entrare nei libri di storia del teatro italiano, scrivere un testo prestigioso, rendere più bella la società con un mio lavoro... Tipo quelli di Eduardo De Filippo che ho fatto e faccio per la tv».

Una storia sua da raccontare ce l'ha?

«Sì. Girerò presto il mio primo film da regista, dopo due docufilm, e sto scrivendo uno spettacolo teatrale. Tutto top secret».

Mai che cosa per lei che gioca su così tanti tavoli?

«Il trash dei reality. Quello mai. Mi hanno offerto un sacco di soldi, ma non se ne parla proprio».

Il remake della telenovela “Desejos de mulher” lo girerebbe? Ho letto che sua moglie vent’anni fa la interpretò in Brasile.

«Non la conosco, sono sincero. Se l'ha girata, non l'ho vista. Comunque una telenovela non la farei».

Un giorno succede qualcosa e all'improvviso si capisce che cosa...?

«Che il successo e la popolarità sono un gioco, piacevole e gratificante, ma niente di più. Prima della tv mi riconoscevano a Napoli e dintorni, adesso in tutta Italia. È molto bello, ma se dovesse finire, fa niente: la vita va avanti. Ho il teatro e la mia vita. Il problema è per quei ragazzini dei reality o dei talent che in un giorno si ritrovano mille persone sotto casa e dopo tre mesi è tutto finito».

Chi se parla male di lei ha buoni motivi per farlo?

«Quelli invidiosi del mio talento. Dai, non è male come risposta...».

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