Il prossimo 15 marzo la Siria entrerà nel suo quattordicesimo anno di guerra. Punto e a capo. Che altro dire: è una guerra interna, non contro altri Stati, ma che deve fare i conti con altri Paesi che vi si sono inseriti. Oggi in territorio siriano si muovono cinque eserciti stranieri, tra i più potenti al mondo, alle volte in collisione tra loro e ciascuno con il proprio interesse da difendere. Che cosa dobbiamo aspettarci, allora? Lo ripeto sempre: bisogna smettere. Tutto il resto, poi, verrà da sé». A parlare all'agenzia cattolica Sir è il cardinale Mario Zenari, dal 2009 nunzio apostolico in Siria. Zenari fa riferimento all'Iran che continua a bombardare, così come gli Usa, la Russia, Israele e la Turchia.
Intanto «la situazione in Siria è peggiorata: 16,7 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria.
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Per il cardinale «la coperta si fa ogni giorno più corta. I cinque pani e i due pesci anziché moltiplicarsi diminuiscono anche per i riflessi della guerra a Gaza» che ha le sue ripercussioni anche sul terreno: «È un incendio divampato alle porte della Siria che provoca raid aerei israeliani. Mai come in questi ultimi tempi abbiamo visto così tanti attacchi aerei, anche in pieno giorno contro obiettivi militari. Neanche durante gli anni di guerra avevamo i mortai che cadevano qui nel centro della Siria. Prima accadeva di notte, ora anche di giorno e vicino alle ambasciate al centro di Damasco».
Per Zenari «la crisi siriana non si risolve con le elemosine. Occorre la soluzione politica che è stata dimenticata. Quella di Bruxelles è una conferenza di Paesi donatori. Si parla di miliardi, 4, 5, una volta si è arrivati anche a 7. Ringraziamo tutta la comunità internazionale per questo aiuto, e tutti i benefattori che si ricordano della Siria e contribuiscono anche ai progetti delle Chiese. Siamo riconoscenti, ma così non si va da nessuna parte. Ripeto la coperta è sempre più corta: moltiplicare gli aiuti umanitari non basta, serve sbloccare il processo politico»