Guerra, lo storico Andrea Graziosi: «In Ucraina si decide il futuro dell'Unione europea, ecco perché»

«Un anno fa Putin era più debole. Ma su aiuti e armi è stato fatto il minimo»

Lo storico Graziosi: «La disfatta ucraina sarebbe una sconfitta Ue. Putin un anno fa era più debole»
di Mauro Evangelisti
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Venerdì 3 Maggio 2024, 23:52 - Ultimo aggiornamento: 4 Maggio, 12:09

«Una disfatta dell’Ucraina sarebbe una sconfitta dell’Unione europea e più precisamente della sua trasformazione in qualcosa di più di una embrione di confederazione». Andrea Graziosi è uno storico contemporaneista, studioso dell’Unione Sovietica e della Federazione Russa. I suoi ultimi libri si intitola “L’Ucraina e Putin. Tra storia e ideologia” e “Occidenti e Modernità”. Avverte: «I prossimi mesi, anzi le prossime settimane, saranno decisive per sorti del conflitto in Ucraina. Siamo da un anno di fronte più a una guerra di logoramento, ma le cose potrebbero cambiare perché Mosca vuole capitalizzare già oggi una possibile vittoria di di Trump, che potrebbe cambiare tutto».

Macron non esclude l’invito di truppe dei Paesi europei a difesa dell’Ucraina.
«Le parole di Macron mi sembrano una forma di pressione sulla Russia e sulle altre capitali europee, non credo che arriveremo all’invio di soldati.

In questi due anni l’atteggiamento che è prevalso, anche negli Stati Uniti, forse con l’eccezione del Regno Unito, è stato di grande riluttanza nell’aiutare l’Ucraina, nell’inviare armi. È stato fatto il minimo indispensabile -pensi ai missili a media gittata e agli aerei non dati. E veniamo da sei mesi di blocco. Dietro queste scelte c’è il timore dell’arsenale nucleare russo con seimila bombe atomiche».

La popolazione dei Paesi dell’Unione europea non accetterebbero l’invio di soldati?
«Non credo il problema si ponga in questi termini, ma in generale è possibile sostenere che sia prevalsa una posizione di distacco dalla realtà. Veniamo da 70 anni di sostanziale benessere. Attenzione, so bene che ci sono state anche sofferenza, povertà, difficoltà, ma generalmente sono stati anni felici. Comprensibilmente è quello che la gente ancora vuole perché ogni essere umano, me compreso, si orienta sul breve periodo. Il problema sono le élite politiche, industriali, economiche, intellettuali europee. Dovrebbero fare i calcoli sul lungo periodo e orientare le opinioni pubbliche. Dovrebbero parlare delle conseguenze di ciò che sta avvenendo. Ed è quello che cerca di dire Macron».

Dare il minimo indispensabile di aiuti agli ucraini non è stato miope? Così abbiamo allungato la guerra.
«Putin dal suo punto di vista ha fatto degli errori gravissimi all’inizio. Meno di un anno fa eravamo con il tentativo di golpe di Prigozhin e la sconfitta della Wagner, il sogno di Putin sembrava crollare. E non sembrava che servisse un aiuto maggiore all’Ucraina».

Cosa è cambiato dalla marcia di Prigozhin verso Mosca che sembrava l’inizio della fine per Putin?
«Putin è riuscito a eliminare Prigozhin e ha consolidato il suo potere. Ha riaffermato la sua leadership e i russi non hanno scelta. Di regola, quando si afferma un uomo forte o c’è una sconfitta militare definitiva o va avanti fino alla morte. L’altra cosa importante che è cambiata è che la Cina, dopo qualche tentennamento, ha deciso di sostenere Putin. Infine c’è stata la mossa di Mosca, disperata, di allearsi con Iran e Corea del Nord, che pure erano “Stati paria”. La Russia in questo modo ha ricevuto le armi e raddrizzato la situazione. L’Ucraina ha commesso a sua volta un errore, invece di trincerarsi sulle posizioni riconquistate ha tentato invano una controffensiva. Infine, un’altra variabile decisiva: è rispuntata l’ombra di Trump che ha bloccato gli aiuti americani».

In Occidente non abbiamo capito la Russia. Ci aspettavamo una perdita di consensi di Putin a causa della guerra.
«Questa categoria di “opinione pubblica” in certi Paesi vale meno che in altri. In Russia c’è un potere consolidato di gruppi dirigenti che ha avuto una crisi con il golpe Prigozhin e poi si è riconsolidato. Non è un sistema liberal democratico. Il potere non si fonda sul consenso».

L’Italia come sta vivendo questa guerra così vicina?
«Con una certa dignità. L’Italia, tra tutti i Paesi europei, è da sempre il più filo russo. Era filorussa la sinistra e Berlusconi ha fatto diventare filorussa la destra. La Chiesa cerca da decenni il dialogo cogli ortodossi. I nostri imprenditori facevano affari in Russia. Eppure, a parte qualche eccezione, la classe politica italiana si è comportata con dignità. Tutti hanno capito chi era l’aggressore e lo hanno capito anche tanti italiani. Poi certo se la Russia dovesse prevalere, in molti si ricorderebbero di quanto sono filo russi».

I movimenti pacifisti lo hanno capito?
«Sì, ma fanno dichiarazioni ipocrite. Non negano che la Russia è l’aggressore, poi aggiungono “ma vogliamo la pace”».

Quanto è concreto il rischio che l’esercito russo possa prendere Kiev e Odessa?
«Siamo di fronte a settimane cruciali. Molto dipende dalla capacità degli ucraini di resistere, ma anche dalla velocità con cui saranno consegnate le nuove armi. Nel 2022 i russi hanno conquistato 170mila metri quadrati, come mezza Italia, ne hanno perso circa la metà con la controffensiva ucraina. In tutto il 2023 al contrario è cambiato il controllo di soli 500 chilometri quadrati. Molto meno. Per questo parlavo di una guerra di logoramento. Se gli ucraini riescono a reggere, perdendo al massimo qualche altro centinaio di chilometri quadrati, sarebbe irrilevante».

Cosa cambierebbe con una vittoria di Trump?
«Potrebbe trattare il conflitto russo ucraino come una guerra a cui è poco interessato e imporre a Kiev la cessione dei territori richiesti da Mosca. Così accontenterebbe Putin. Sia chiaro: io penso che comunque Putin abbia perso: ha sfiancato la Russia e la farà diventare l’appendice economica e politica della Cina».

Ci sarà anche un problema di sicurezza per l’Unione europea?
«Se non reagiamo come Unione europea, se la Ue non riesce a farsi un po’ più stato, con esercito, politica estera, nuovi meccanismi decisionali, la vera minaccia per il nostro futuro è che ci confronteremo con superpotenze come gli Usa, la Cina, l’India, senza essere a nostra volta una grande potenza, ma con tanti piccoli paesi che non hanno colto l’occasione di unirsi. Questo è già successo nel 1400, in Italia: c’erano tutti gli stati più avanzati d’Europa, ma non sono riusciti a diventare una entità unita e l’Italia per due-tre secoli è diventata una semplice pedina. Per questo penso che una disfatta ucraina sarebbe la sconfitta dell’Unione europea».

Quanto conta l’elemento demografico?
«Abbiamo vissuto in una società che dava tutto agli individui. L’ideologia dominante è quella dei diritti. Sono alla base dell’Unione europea. Mettere al centro l’individuo e il benessere individuale porta però a non fare i figli e a volere continuare ad avere una vita migliore possibile come singoli. Sono scelte irrealistiche: è evidente che la continuazione della vita avviene attraverso i figli e che le condizioni favorevoli non ci sono più, che occorre affrontare un mondo diverso. Sia chiaro, anche io sono un sostenitore dei diritti individuali, non mi fraintenda, ma per salvarne il più possibile occorre non fare gli struzzi».

Lei in passato ha detto: bisogna sperare che Usa e Cina tornino a dialogare. Ma non lo stanno già facendo? Il segretario di Stato Blinken di recente è stato a Pechino.
«Oggi al mondo ci sono due superpotenze che non si riconoscono molto e sono gli Usa e la Cina. Hanno smesso di parlarsi. E c’è una terza che sta emergendo: non è la Russia, ma l’India. Se le due super potenze non si parlano è difficile che i conflitti siano tenuti al minimo. Vedo problemi sia nella Cina sia negli Usa. Negli Stati Uniti la politica è anticinese dai tempi di Obama, prima dell’invasione russa Biden diceva che il punto di tensione principale era l’Oceano pacifico con la Cina. A me non piace il sistema cinese, ma Pechino ragiona sapendo che Taiwan è loro e gli Usa di fatto lo ha riconosciuto. Ma il vero motivo della scelta filo Mosca è il boccone russo: rischiano di perdere il mercato europeo, ma c’è un Paese come la Russia che dipenderà totalmente da Pechino».

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