I giovani di “Troppo azzurro”: incerti, teneri e super-coccolati

Filippo Barbagallo a 28 anni debutta nella regia. e racconta la sua generazione

I giovani di “Troppo azzurro”: incerti, teneri e super-coccolati
di Gloria Satta
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Martedì 30 Aprile 2024, 07:20

In un mondo popolato di giovani e giovanissimi spesso depressi, disillusi, disinteressati alla politica, dipendenti dal porno on line, esistono tanti ragazzi “ordinari” che affrontano il futuro guidati da una buona dose di insicurezza e dalla tenerezza adolescenziale che rischia di non farli diventare adulti: sono quelli raccontati con gentile ironia da Filippo Barbagallo, 28 anni, romano, al debutto nella regia con la commedia Troppo azzurro (in sala il 9 maggio), una bella sorpresa nel discontinuo panorama del cinema italiano attuale. «Non credo che per raccontare le persone della mia età si debba necessariamente ricorrere a una narrazione estrema, e in ogni caso non ho la pretesa di rappresentare un’intera generazione: ho portato sullo schermo una storia che sentivo mia, senza voler spiegare nulla a nessuno, sperando che qualcuno possa riconoscersi», spiega Filippo che del suo film è anche il protagonista nel ruolo di Dario, un 25enne super-coccolato dai genitori Valerio Mastandrea e Valeria Milillo, ostinatamente aggrappato al proprio equilibrio di adolescente tanto da tirarsi indietro ogni volta che si tratta di costruire un rapporto di coppia. 

La scapigliata Caterina


Nella torrida Roma d’agosto, tra una birretta con gli amici d’infanzia e un week end a Ponza, prova a frequentarsi prima con la spigliata Caterina conosciuta per caso (Alice Benvenuti) poi con un’altra ragazza: Lara, da lui sempre considerata ”irraggiungibile” (Martina Gatti). Ma l’immaturo Dario è inguaribilmente indeciso se rimanere nella propria comfort zone o lasciarsi andare, lanciarsi, mettersi in gioco in una storia d’amore e finalmente crescere. 

«Non nascondo che il personaggio un po’ mi somiglia», sorride Filippo che si è diplomato in sceneggiatura al Centro Sperimentale e viene da una prestigiosa famiglia di cinema: suo padre è il produttore Angelo Barbagallo, sua madre la costumista Maria Rita Barbera, «fino a qualche tempo fa anch’io vivevo con i miei ma poi, nel giro di due settimane, sono andato ad abitare da solo, mi sono innamorato e la mia vita è radicalmente cambiata».

Ex “aiuto” di Mastandrea sul set di Ride, ha respirato cinema fin dalla più tenera età: «Ma ho annunciato a tutti che sarebbe stato il mio lavoro solo quando, reduce da una poco gloriosa carriera di liceale sempre sull’orlo della bocciatura, ho affrontato i test di ammissione al Centro Sperimentale», racconta, «del resto, pensando al mio futuro, non ho mai avuto opzioni diverse dal cinema». 

Il paragone con Nanni Moretti

In passato suo padre è stato socio di Nanni Moretti, un autore a cui molti oggi accostano Filippo per la sua capacità di descrivere con ironia la propria generazione: «Il paragone mi lusinga, ma di Nanni non ho la dimensione politica né la tendenza a graffiare», dice il neo-regista, «i miei riferimenti cinematografici sono Woody Allen, Massimo Troisi, Gianni Di Gregorio che mi ha aiutato a realizzare Troppo azzurro facendo la supervisione del progetto e, al di fuori dalla commedia, amo Myazaki». 

E com’è, per un regista debuttante under 30, buttarsi nella mischia del cinema? «Molto difficile. Lo so, molti penseranno che avere un padre dell’ambiente mi abbia aiutato, ma ai produttori importa poco della famiglia da cui provieni, per loro conta solo il progetto. Per farsi strada ci vuole fortuna e un po’ di coraggio. Io ho avuto entrambe le cose e sono riuscito a girare il mio film. Consapevole che le opere prime danno molta più libertà».

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