Diagnosi e cura per la costa di Latina: esperti confronto

Al convegno organizzato da Legambiente alla Marina analizzati aspetti ambientali e urbanistici: dall’erosione alla riqualificazione

Il Lido di Latina
di Lorenzo Salone
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Martedì 21 Maggio 2024, 04:50

La necessità di cambiare il paradigma per valorizzare la nostra costa. Questo è, in sintesi, il pensiero emerso dalle riflessioni dei relatori del convegno “Latina, lo stato della costa: diagnosi e prospettive”, che si è tenuta al Parco Vasco De Gama, promosso dal Circolo Arcobaleno Pontino Legambiente. Andrea Minutolo, presidente della commissione scientifica di Legambiente, ha evidenziato la necessità di affrontare i problemi non singolarmente, ma inserendoli in un sistema di interventi più ampio e lungimirante. Sulla scia di queste parole si sono inserite quelle del professor Alberto Budoni, docente di tecnica e pianificazione urbanistica dell’Università La Sapienza: «Prima di tutto dobbiamo pensare che il territorio di Latina è articolato in tre parti fondamentali. La parte che va da Capo Portiere a Rio Martino, che rientra dentro il Parco Nazionale del Circeo; quella da Capo Portiere a Foce Verde, che è la parte più utilizzata e dove c’è maggiore concentrazione di attività balneari; e poi la parte che va da Foce Verde a Torre Astura. Hanno caratteristiche differenti, che hanno bisogno di essere pensate in modo organico, ma allo stesso tempo anche con delle specificità di intervento». Quindi gli scenari possibili: «Nel primo tratto si deve pensare a dei chioschi che siano assolutamente amovibili ogni anno, senza infrastrutture pesanti. E questo deve essere accompagnato da un approccio diverso, dal modo di pensare la balneazione al rapporto con la natura. Per esempio, i chioschi dovrebbero essere pensati come enti che fanno anche servizio di interpretazione ambientale. Si va in quel luogo, non solo per fare il bagno, ma anche per conoscere i nostri laghi o la nostra duna. Risalendo invece da Foce Verde a Torre Astura, quella è unìarea particolarmente difficile: c’è la centrale nucleare, che è un grosso problema. E la situazione sarà sospesa finché non sarà realizzato il decommissioning completo. La terza fascia, quella centrale da Capo Portiere a Foce Verde è quella più critica, perché è quella dove c’è stata un’urbanizzazione spesso abusiva e problematica, che ha nelle mire l’idea di fare di Latina una grande stazione balneare, sul modello di Rimini.

Ecco, per noi questo è sbagliatissimo. L’idea qui è di sfruttare la rigenerazione urbana, riqualificare l’edilizia che già c’è. E poi l’aspetto ambientale, che significa lasciare i varchi verso il mare e una fascia per ripristinare la vegetazione dunale».

SOLUZIONI A CONFRONTO
Parlando di soluzioni, è intervenuto anche il ricercatore Enea, originario di Latina, Sergio Cappucci: «I dati raccolti da Legambiente ci dicono che mediamente sui 7.500 km di costa del nostro paese sono scomparsi, in 50 anni, una media di 23 metri che corrispondono a 40 milioni di metri quadrati di spiaggia. Stiamo parlando dell’equivalente di 9 campi da calcio di spiaggia che si sono persi per ogni comune costiero». Riflette quindi sull’impatto economico che l’erosione porta con sé, insiste sull’importanza di programmare e decidere su base scientifica su quali spiagge è bene fare attività balneare e su quali lasciare agire la natura. Ma in quale modo è meglio intervenire? «È meglio il ripascimento in sabbia – riflette il geologo - o la struttura rigida? Nessuna delle due. Io non sono contrario alle opere rigide, perché dico sempre che prima bisogna stabilire quanto deve essere ampia la spiaggia. Una volta deciso si studiano le diverse soluzioni che garantiscono quella linea di riva, e le si confronta. Quanto mi costa metterci solo la sabbia, quanto la scogliera e quanto i pennelli?». Per la sua opinione, sia i ripascimenti che gli interventi rigidi sono efficaci, se ponderati bene. Cita il caso dell’Olanda dove è stato versato un milione di metri cubi di sabbia che ha allungato la spiaggia di centinaia di metri; cita invece in negativo l’intervento effettuato lungo il litorale di Latina con pennelli e barriere. «Non erano sbagliati i pennelli, ma come sono stati utilizzati. In generale – conclude Cappucci - bisognerebbe che ci fosse un allineamento, tra politica e tecnica, con la prima che stanzia i soldi quando la tecnica trova le soluzioni. Qui succede il contrario. Fondamentalmente, questo è il problema».

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